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Aldo Pagliacci l'artista che trascorse un lungo periodo a Forio
Di Aldo Pagliacci va considerato l'interesse classico verso l'equilibrio della composizione, verso una visione verista che deve essere restituita tramite una interpretazione razionale, mai istintiva e pulsionale, ma anzi mediata e concettualizzata. Egli disegna direttamente con il colore al fine di costruire architetture lineari e ricche di materia cromatica. La luce, distribuita con sapienza appropriata, invade qua e là nel dipinto per poi illuminare con il suo espandersi l'intera composizione. L'artista ci detta il suo tormento nel ricercare quel punto magico intorno al quale luce e materia, spazio e struttura si condensano per trovare l'equilibrio nella verità dell'opera. Non è da trascurare, inoltre, quel magico intento di catturare lo spettatore a entrare nel meccanismo creativo dell'opera affinchè finisca con l'identificarsi con essa, così com'egli stesso si ripropone nei personaggi che vivono delle esperienze di vita più vicine. La sua ricerca radica nella storia dell'arte contigua con le esperienze di un nobile passato. In possesso di una tavolozza ricca e variegata, è maestro di immagini riprese nel loro ambiente naturale, di figure femminili, di nature morte che ricordano la perfezione di una pittura rinascimentale. Il tutto sotto la guida di ritmi armoniosi attraverso la mutevolezza delle vibrazioni tonali. Il confronto con i colori avviene in una condizione dialettica, come una scoperta che si rinnova nel quadro fino a cogliere una calda sensualità permeata dall'inquietudine di atmosfere solari.
Una profonda partecipazione emotiva
Per lui raccontare il mondo femminile equivale al reperimento di una bellezza dolcemente carnale e nel contempo carica di una spiritualità che evoca certe presenze divine. Si parla di un'efficacia espressiva che definisce una la figura con rinnovarsi di un linguaggio solenne. La sua opera, per intero, rivela una profonda partecipazione emotiva e si trasforma ogni volta in un atto poetico esteticamente sublimato. Le masse di colore hanno la corposità di una rivelazione, segnalando la vitalità di un mondo dolente e senza scempio delle immagini. E stiamo parlando di un uomo sempre vissuto sul margine dell'ombra dove più forte nasce l'ansia, il piacere e il dolore, la violenza del fuoco e la limpidezza dell'acqua. Più scavava nell'interiorità e più ne era inorridito ma senza perdere la fascinazione di riportare sulla tela il suo dolore esistenziale in un volo radente e a tutto raggio, volo sempre attento e dove finalmente i sensi esplodevano in figure conturbanti quanto vere.
Suonava il suo strumento con musica celestiale
Con quei ritratti parlava le sue parole calde, suonava il suo strumento con musica celestiale mulinando i suoi pennelli. La sua non era che una disperata ricerca d'amore, un amore totale, e nessuno meglio di lui sapeva cogliere la quintessenza della raffigurazione e lo faceva con ironia, con sarcasmo, con poesia e molto ritmo. Sapeva bene che quello che narrava era un'anima disperata dove al centro c'era un segreto tragico, quasi indicibile, intorno al quale conviene ricamare con mano leggera l'orlo dell'abbisso.
Fonte:Giuseppe Castiglione - www.ilgolfo.it