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La Coppa di Nestore il più antico frammento poetico in lingua greca
La coppa è una kotyle, ossia una tazza piccola, larga non più di 10 cm, di uso quotidiano, decorata a motivi geometrici. Fu importata nella colonia greca di Pithekoussai, l'odierna Ischia, da Rodi, secondo alcuni insieme ad una partita di vasi contenenti preziosi unguenti orientali, e portata alla luce nel 1955 da Giorgio Buchner, che sia avvalse della collaborazione di Carlo Ferdinando Russo per lo studio epigrafico. La coppa, rinvenuta in circa cinquanta frammenti poi ricomposti, faceva parte del ricco corredo funebre appartenente alla tomba di un fanciullo di appena dieci anni. Essa reca inciso su di un lato in alfabeto eubolico in direzione retrograda, ossia da destra verso sinistra, come nella consuetudine fenicia, un epigramma formato da tre versi, il primo con metro giambico e il secondo e terzo con perfetti esametri dattilici, che alludono alla famosa coppa descritta nell'Iliade di Omero: "Nèstoros eimì potèrion os d'an toude pìesi potèriu autikà kènon ìmeros airèsei kallistefànu Afrodìtes", ovvero "Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona". Lo poche, piccole lacune sono tutte interpretabili con sicurezza ad eccezione della seconda parola del primo rigo, che presenta quattro o cinque lettere mancanti. L'iscrizione si rifà dunque a quanto descritto nell'XI libro dell'Iliade v. 632, in cui si narra della leggendaria coppa dell'eroe acheo Nestore, figlio del re di Pilo Neleo e di Cloride, tanto grande che occorrevano quattro persone per spostarla.
Interpretazioni alternative
Esistono varie interpretazioni dell'iscrizione alternative a quella più diffusa e comunemente accettata dagli studiosi. Alcune di queste si avvalgono di correzioni del testo, per spiegare l'effetto umoristico dell'incoerenza che si percepisce tra il primo rigo e gli altri. Una terza ipotesi è che il testo sia il risultato di una sfida durante un simposio: qualcuno scrisse il primo rigo, poi toccò a un secindo aggiungere un secondo verso e così via. Questa iscrizione, oltre a testimoniare la fitta rete di relazioni commerciali che i coloni di Pithekoussai svilupparono con tutti i porti del Mediterraneo, anche i più orientali, rappresenta uno degli esempi più antichi di scrittura greca a noi giunto e soprattutto il primo frammento noto di poesia conservato nella sua stesura originale, contemporanea a quella del celebre poema epico attribuito ad Omero.
Fonte: www.ilgolfo.it