Tifeo oppresso dalla mole dell'isola d'Ischia

Tifeo oppresso dalla mole dell'isola d'Ischia

di Cristofaro Mennella in "Dalla terra alle stelle - Fatti e racconti del passato, del mondo attuale e del prossimo futuro" Società Editrice Internazionale, Torino. (Sullo sfondo: rumori sordi risonanti in una spelonca; colpi di martello su un'incudine, qualche belato lontano).

Una Voce Tonante - E anche oggi le nuvole sono andate lontano, e laggiù pioggia a dirotto! La vendetta continua!…

Altra Voce Roca - Anche il resto dell'armento languisce! Se continua così, anche le ultime bestie finiranno.

La Prima Voce - è ostinato, il Tonante! Ah, sedici mesi, e nemmeno una goccia di pioggia! La Terra, arsa, non produce che sterpi...

La Seconda Voce - Ancora si vendica, o nostro Capo, della tua richiesta di disporre con lui del dominio della Terra e del Cielo. Non è disposto, il Cronìde, a far partecipi delle sue immense fortune, dei suoi privilegi!

La Prima Voce - Vedremo! Vedremo!! Anche la mia pazienza ha un limite!

Una Terza Voce (sommessa) - Ma se è questo l'ordine delle cose naturali! A noi poteva bastare il dominio della Terra. Non c'è altro essere che sovrasti i Giganti...

La Prima Voce (aspra) - Insano e codardo, tu! Non sai che io voglio migliorare anche la vostra sorte? Indegno della nostra stirpe, generata dalla Terra madre!

La Seconda Voce - Ma se continua cosi...

La Prima Voce - Io, Tifeo, capo dei Giganti, dominatore di questi territori che il prepotente ora distrugge...

La Terza Voce - Che dici mai, o Tifeo?

Tifeo - Taci, maledetto! Io chiamo a raccolta la inclita progenie! Bisogna punire il prepotente che distrugge ogni nostro sforzo. Suonate a raccolta!… (Suono a martello, vocio nella caverna, frastuono, trambusto: i Giganti a raccolta).

La Prima Voce - Io, Tifeo, capo della stirpe possente dei Giganti, vi dico che la nostra situazione è divenuta pericolosa, insostenibile! Giove, il Tonante, si ostina a privarci della pioggia, indispensabile alla nostra vita, alle nostre bestie, mentre ne manda a torrenti poco lontano, così, per dispetto! E tutto languisce intorno a noi: non possiamo sopportare oltre questo affronto! Ho deciso: daremo la scalata alla magione della magna genia dei celesti, li abbatteremo per sempre, e al loro posto regneremo noi, regnerò io!!!

Voci Sul Fondo - Osa, o Tifeo! Osa!!!

Altre Voci - Tremendo! Temerario! Empio!!!

Una voce (in primo piano) - E come, o grande Tifeo?…

Tifeo - Ho già pensato! I monti saranno disvelti dalle loro fondamenta e accatastati. Ve ne sono abbastanza nei nostri paraggi.

Una Voce - Ma Giove è il signore del fulmine...

Tifeo - Tu paventi: noi ammasseremo i macigni di notte, quando non può vederci.

Voci roche - Sì, sì, osa o grande Tifeo!

Tifeo - A questa notte, allora. Date una prova della vostra possanza; scegliete i massi più grossi: occorre salir presto, improvvisi... E domani il dominio della Terra e del Cielo sarà nostro, sarà mio!… E delle piogge, disporremo come ci fa comodo!

(Rumori, vocio di assenso che va affievolendosi. Si scioglie l'assemblea dei Giganti. Pausa).

L'annunciatore - Alta è la notte; sulla Terra ferve l'opera temeraria dei Giganti che per tentare la scalata all'Olimpo rimuovono i monti e li ammassano l'uno sull'altro. Il tentativo procede alacremente: bisogna far presto. Nel frattempo, gli dèi riposano tranquillamente. Il cielo è terso. Ma sugli spalti dell'eterea magione qualcuno veglia. Ecco quanto vi accade:

Una Voce argentina - L'Aurora dalle dita di rosa ha sciolto il suo cocchio: tra poco pel cielo si stempererà la luce mattutina...

Una Seconda Voce - La Corte augusta tuttora riposa. E noi, qui, a spiare il fluire delle ore e degli eventi. Ma come è piccina, la Terra, laggiù! Da questo soglio tutto appare limitato...

La Prima Voce - Che vedo, lì, verso il mare che ribolle?!

La Seconda Voce - Una pila di monti che si solleva a vista d'occhio!!

La Prima Voce - Lì, nel potentato dei Giganti!

La Seconda Voce - Ma che fanno?! Guarda: ancora un monte sulla pila, ancora un altro!

La Seconda Voce - Un'idea diabolica! Certamente Tifeo...

La Prima Voce - Ieri si lamentavano per la mancanza d'acqua; il padre li punisce per la loro tracotanza!

La Seconda Voce - Temerari! Scellerati!! Tentano la scalata alla nostra eterna magione! è terribile! Va, va! Vola! Desta l'olimpico Signore, suona la tromba, che tutti gli dèi accorrano! … (Pausa)

Una Voce solenne - Dunque hanno osato tanto i perversi? Insani! Proveranno ora quanto è tremenda la mia ira! E Tifeo, che pretendeva di scalzarmi dal soglio, di rapirmi l'imperio del mondo, sentirà più implacabile la pena. Quegli stessi monti che hanno rimossi dalle fondamenta serviranno per punirli: per sempre ne dovranno sopportare il peso... Tifeo dovrà soggiacere sotto il più pesante di essi... I miei fulmini!… (Fragori secchi, consecutivi, crescenti. Pausa)

L'annunciatore - Percossi dai fulmini tremendi dell'olimpico Signore, i Giganti vennero rapidamente annientati e i monti rovesciati giù dalla pila ciclopica; il paesaggio che ne sortì aveva aspetti singolari, sinistri ed attraenti al tempo stesso. Ciascuno dei Giganti fu condannato a sopportare il peso dei monti disvelti, e Tifeo il più grosso dei macigni, divenuto poi l'Epomeo, possente monte dell'isola d'Ischia, che fa corona al golfo di Napoli. In quella zona, e in quella poco lontana dei Campi Flegrei, ove la terra è pregna di misteriose forze rigeneratrici, si sarebbe svolta la titanica lotta dei Giganti contro gli dèi. Ma Tifeo non si rassegnò facilmente al suo crudo destino: ecco quanto andava lamentando qualche tempo dopo la temeraria impresa.

Una Voce roca (lamentevole). - Ah! Qual destino terribile! E quanto pesa questo enorme macigno! Già, e fui io a rimuoverlo, è vero! Ora mi opprime, mi toglie il respiro! Un vero peccato! tutto stava per sortire l'effetto! L'alba ci ha traditi! Eppure non sono stati lenti i miei fidi! Ed ora la mia stirpe è distrutta! Qual triste destino: eternamente così, come miseri bruchi! Un tempo si aveva tanto dominio... Ma il Fulminante non potrà togliermi di vendicarmi per questa terribile condanna: io non darò pace a questa terra che mi sovrasta. Se non posso rimuoverla dal mio dorso, la scuoterò; tremerà il suolo e si formeranno voragini: il mare, ribollente, vi si precipiterà; col fuoco della madre Terra formerà lave ardenti che distruggeranno l'opera degli uomini, di quelli che l'olimpico ha fatto succedere al nostro dominio. Vedremo! Vedremo!! (Pausa)

L'annunciatore - L'epilogo della lotta violenta tra i giganti e gli dèi, che la mitologia vuole sia culminata con l'impresa più temeraria che la leggenda ricordi, la scalata al Cielo da parte dei primi, fu tremendo per questi. Nella regione ove i Giganti abitavano, corrispondente a quella ora detta dei Campi Flegrei, ad occidente di Napoli, i monti, i piccoli coni, i crateri ardenti, sorsero dalle acque sconvolte, ma sulla schiena dei ribelli che rimasero inchiodati a sopportarne eternamente il peso. Di fronte a quella costa, altri monti sorsero formando delle isole: quelle dell'arcipelago partenopeo. Tra esse la più grande, Ischia, annovera un monte alto circa 800 metri - l'Epomeo - sotto il quale, vuole la leggenda, venne relegato Tifeo, il promotore della rivolta contro gli dèi. Questi non si rassegnò facilmente e l'isola, in passato, fu sconvolta dalla sua irrequietezza. Diversi vulcani sorsero su quel territorio, e lave ardenti si riversarono sui dolci pendii. Fumarono i vapori di infocate sorgenti anche in riva al mare, e frequenti furono gli sconvolgimenti del suolo, per cui i primitivi abitanti, a più riprese, dovettero abbandonarla.

Ma suggestiva era l'attrattiva che quella terra esercitava su tutti coloro che si trovavano a remigare dinanzi alla stupenda Partenope, la città delle Sirene, per cui sempre vi ritornarono altri abitatori dopo le eruzioni vulcaniche e i violenti sconvolgimenti. Oggi, dal grembo della terra vengono fuori gli avanzi delle remote civiltà sorte su quella incantevole plaga del Tirreno, posta di fronte a Cuma, la greca città campana di più millenni vetusta: vasi, anfore, urne funerarie di mirabile fattura ritornano ora alla luce grazie alle pazienti ricerche di appassionati archeologi. Tuttavia, il Gigante continuava ad agitarsi e a distruggere, con i suoi contorcimenti, l'opera paziente e tenace degli uomini: e qui la leggenda ancora fiorisce per dar conto dell'ira finalmente placata, del prodigioso trasformarsi di quella terra in un'oasi fiorita nel più carezzevole bacio del Tirreno.

Alcun tempo dopo l'inesorabile condanna di Tifeo, qualche divinità cui era cara la peregrina bellezza, trovatasi a transitare su quel mare così ricco di storia e di eventi, volle intercedere per placare l'erculeo ruggente e per creare su quel lido un magico intreccio di elementi salutari e benefici. Il Gigante aderì al richiamo alla mansuetudine, visto che nulla avrebbe potuto mutare il proprio orrendo destino e, preso dal rimorso per le sventure provocate a uomini innocenti, volle dar prova del suo pentimento. Lacrime ardenti sgorgarono copiose dai suoi occhi infocati, e queste dai numi vennero trasformate in acque salutari, capaci di lenire tanti malanni: quelle lacrime divennero lavacri rigeneratori di forza e di salute. Densi vapori emanano dalle anfrattuosità del terreno, e permeano l'aria di principi vivificatori; la primavera orna del suo sorriso e vi largisce il suo tepore in tutte le stagioni dell'anno. Oggi l'umanità sofferente largamente beneficia di quegli insperati rimedi per le sue sofferenze mentre la poesia, ispirata dall'aura del mito e dalla suggestiva bellezza di paesaggi d'incanto, trae dalla leggenda e dalla storia i motivi per intessere intorno a quella plaga cerulea corone di figurazioni fulgenti. La scienza, compiacente, annuisce.

La Rassegna di Ischia - www.larassegnadischia.it

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